Radiare le radiazioni
Radiazioni ionizzanti, nucleari ed elettromagnetiche: luci ed ombre
GIANFRANCO PORCILE
Di fronte ad un nemico invisibile scattano una sensazione di mistero e una reazione di paura che si affiancano spesso alle scelte razionali ed ai comportamenti saggi necessari per arginare la minaccia. E’ il caso della pandemia da coronavirus: il rischio di contagio è obiettivamente reale e concreto, ma spesso i nostri timori vanno oltre il confine che ci viene tracciato dalla scienza. In altri casi invece il nemico è altrettanto subdolo e pericoloso per la nostra vita, ma facciamo finta di non saperlo, con un meccanismo di rimozione che spesso riscontriamo nei cittadini ma anche nei medici. Mi riferisco al problema delle radiazioni: una forma di energia che è ormai entrata a far parte della vita quotidiana, ma che, insieme alla sua indubbia utilità per mille impieghi, si porta dietro un rischio di danni gravi all’ambiente ed in particolare alla salute dell’uomo. Radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici, energia nucleare, sono diventati attrezzi della vita moderna ma dobbiamo usarli con parsimonia e con oculatezza perché possono essere molto, ma molto, pericolosi.
Radiazioni: non tutto oro…
Viviamo nella “società delle immagini”: da Instagram alla pubblicità, da Facebook a emoticon, tutto ci dice che il nostro linguaggio si sta trasferendo dalla parola alla immagine. E’ intuitivo che anche la Medicina non si sia sottratta al fascino della “Immagine” (il cosiddetto ”Imaging”). Mi sembra che una riflessione su tutto questo sia doverosa.
Potrei dire che la Medicina moderna sia nata circa 100 anni fa grazie alle scoperte dei coniugi Curie. La dimostrazione dell’esistenza delle radiazioni ha aperto un capitolo nuovo sia in campo diagnostico sia in campo terapeutico. La medicina oggi non può esistere senza il supporto fondamentale delle radiazioni ionizzanti usate a scopo diagnostico (i cosiddetti Raggi X o radiografie del linguaggio comune).
Voglio riflettere su quello che potrebbe essere il rovescio della medaglia. Tutti sappiamo che anche in medicina esiste un consumismo che si manifesta in vari aspetti: uno dei più importanti è l’abuso di esami radiologici a scopo diagnostico, senza preoccuparsi a sufficienza della doverosa appropriatezza. Prima di tutto dobbiamo sempre ricordare che le radiazioni ionizzanti sono classificate dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione come leucemogene e cancerogene di I Classe, cioè sono sicuramente tali per la specie umana con dimostrazioni epidemiologiche (dati sull’uomo) e sperimentali su cellule in vitro e animali di laboratorio.
AMBIENTE E CONSUMISMO RADIOLOGICO
E’ quindi opportuna una riflessione sugli aspetti medici ma anche sociologici del consumismo radiologico, nell’ottica di una maggiore sostenibilità sia ambientale sia economica e di una maggiore consapevolezza dei rischi correlati, per il bene del paziente ma anche della intera società. Intanto dobbiamo dire che l’impiego delle radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico è in forte aumento: nelle ultime decadi la radioattività presente nell’ambiente di origine medico-sanitaria è aumentata di oltre tre volte. Stiamo parlando di un problema rilevante: è stato calcolato che annualmente si eseguono nel mondo due miliardi di esami radiologici: di questi il 68% sono costituiti da Radiografie e TAC (oggi più correttamente TC:Tomografie Computerizzate)
ALLARME NEOPLASIE INFANTILI
La situazione appare ancora più grave se poi rivolgiamo la nostra attenzione alla popolazione infantile: in questo setting di piccoli cittadini/pazienti i dati sono ancora più preoccupanti e ci sembra che meritino un approfondimento. Secondo i dati Istat la popolazione pediatrica (tra 0 e 14 anni) in Italia è di circa 8,5 milioni, corrispondente al 14% dell’intera popolazione, mentre gli esami radiologici pediatrici eseguiti annualmente sono circa 4 milioni: un esame radiologico all’anno ogni due bambini! Che il problema sia delicato è confermato dall’ aumento della incidenza delle neoplasie infantili (aumento che è circa del 2% annuo).
E’ quindi necessario prendere coscienza del problema. Il quadro, in effetti, è allarmante. Si pensi soltanto alla stima secondo cui, con l’attuale diffusione delle indagini radiologiche, nel Regno Unito 700 cancri all’anno sono di origine radiogena. E’ stato calcolato che nei Paesi industrializzati la quota di cancro radiogeno è compresa tra 0,6 e 3,2%.
CANCRO RADIOGENO, PERCENTUALI IN AUMENTO
Entrando un poco più nel merito della questione possiamo dire che è cruciale il punto della appropriatezza, cioè quanto quel determinato esame è opportuno e necessario per quel determinato paziente. In nome della appropriatezza clinica il medico dovrà sempre chiedersi: “ l’effettuazione di questo esame come cambierà la condotta terapeutica e quanto cambierà il risultato clinico? “
Ma non si potrebbe forse immaginare di richiedere il consenso al radiologo sulla opportunità ed appropriatezza di un esame radiologico finalizzato alla diagnosi ed alla stadiazione? Invece di considerare il radiologo un mero esecutore di prestazioni radiologiche, non sarebbe possibile studiare una qualche forma di contatto preliminare tra colleghi medici allo scopo di rinunciare ad esami che il radiologo stesso sconsiglia perché ritenuti inutili o non appropriati?
“SCEGLIERE SAGGIAMENTE”, I RADIOLOGI PROTAGONISTI
Per tutte le considerazioni sin qui esposte le Associazioni Scientifiche si sono impegnate per cercare una soluzione. Come è noto il progetto internazionale “Choosing Wisely” (“Scegliere saggiamente”), che in Italia fa capo a “Slow Medicine” (www.slowmedicine.it), ha come finalità quella di garantire una maggior appropriatezza delle prestazioni mediche. Le Associazioni scientifiche mediche nell’ambito di questo progetto hanno stilato Raccomandazioni, o, meglio, Pratiche a rischio di inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlare. Molte riguardano proprio il problema dell’abuso di esami radiologici. Ad esempio, la Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM) tra le suddette 5 Pratiche ne individua due, una relativa alla lombalgia (“mal di schiena”) e un ‘altra che prevede di:“Non eseguire di routine Risonanza Magnetica (RM) del ginocchio in caso di dolore acuto da trauma o di dolore cronico”. L’Associazione dei Medici per l’Ambiente ISDE-Italia (www.isde.it), a sua volta, tra le 5 Pratiche ne ha inserita una relativa all’imaging: “Radiazioni ionizzanti: non eseguire radiografie senza una specifica indicazione clinica”.
Fin qui abbiamo messo in evidenza i problemi legati agli effetti collaterali indesiderati e i rischi di inappropriatezza dell’abuso radiologico. Non va ovviamente sottovalutato anche l’aspetto di risparmio economico.
Certo ci rendiamo perfettamente conto che comunicare alla popolazione i rischi ambientali e sanitari non è sicuramente cosa facile. La gente percepisce differentemente i rischi, magari ostinandosi in comportamenti assolutamente rischiosi (fumo, sedentarietà, guidare parlando al cellulare, tossicomanie, ecc.), preoccupandosi invece fortemente dei rischi più incerti allo stato delle conoscenze (vaccini, mucca pazza, olio di palma, glutine, ecc.).
TRE RISCHI SOTTOVALUTATI
Terminiamo con tre brevi flash che ci sembrano opportuni per dovere di completezza: si riferiscono ad altri tipi di radiazioni, diverse dalle ionizzanti che abbiamo visto sinora.
Il primo è l’inquinamento elettromagnetico, spesso denominato “Elettrosmog”. La popolazione è sovente preoccupata per la presenza di antenne di radiofonia mobile: talvolta la percezione del rischio nella gente è superiore a quello reale dimostrato dagli studi scientifici. Sottostimato dal cittadino medio è invece il rischio collegato all’uso del telefono cellulare. E’ bene sottolineare che la IARC di Lione ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza, quelli prodotti dai telefoni cellulari senza fili, come possibili cancerogeni per l’uomo (grado 2B) (tumori cerebrali e neurinomi, cioè tumori della guaina dei nervi) (http://www.applelettrosmog.it/). Ma un rischio ancora più preoccupante si affaccia sul futuro prossimo del nostro mondo: il cosiddetto 5G (“5th Generation”). Questo tema specifico per la sua attualità e per la sua importanza merita una riflessione particolare e sarà presto nostra cura scrivere qualcosa in proposito.
Il secondo si riferisce al Radon, sconosciuto alla popolazione generale ma anche ai medici. Si tratta di un gas radioattivo di origine naturale. L’esposizione al Radon è considerata un importante fattore di rischio per il tumore polmonare, che si posiziona addirittura al secondo posto dopo il fumo di sigaretta. Viene riconosciuto dalle monografie della IARC “cancerogeno di gruppo 1”, cioè sicuramente cancerogeno per l’uomo. E’ rintanato nelle viscere della terra: dal suolo il radon penetra nelle nostre case attraverso le fessure dei pavimenti e dei muri, attraverso i canali di drenaggio dell’acqua,attraverso gli scarichi fognari e, più lentamente, attraverso la stessa porosità dei muri.
Il terzo riguarda le radiazioni nucleari. Proprio lo scorso anno una delle maggiori riviste mediche mondiali, il New England Journal of Medicine, ha pubblicato un editoriale dal titolo “Siamo preparati di fronte al Terrorismo nucleare?”. Gli autori affermano che stiamo assistendo ad una crescita incontrollata di nucleare a livello mondiale, e che, in caso di disastro scatenato da attacco terroristico, le risposte di tipo sanitario sarebbero difficili da coordinare e avremmo serie difficoltà già nel calcolare la dose di esposizione. In una parola l’unica arma sarebbe, ancora una volta, la Prevenzione.
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