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Soluzioni

Uomini e bambini prelevano l’acqua per l’irrigazione nell’altopiano Dogon (Mali) durante una giornata di tempesta di sabbia. Velio Coviello

Come accennato in apertura, sull’onda delle proteste di piazza, un numero crescente di amministrazioni locali sta formalmente dichiarando lo stato di “Emergenza Climatica”. “Stato di Emergenza” significa che la collettività deve affrontare un pericolo troppo grande e immediato per potersi permettere di funzionare secondo le proprie consuetudini. Nel nostro caso vorrebbe quindi significare che governi ed amministrazioni nominino dei commissari o, meglio, delle assemblee cittadine, che decretino provvedimenti atti a fermare l’estinzione di massa ed a limitare il peggioramento del clima. Ma ciò non sta accadendo. Molte delle amministrazioni che hanno formalizzato la dichiarazione di “Emergenza Climatica” sembra che stiano anzi lavorando attivamente non per mitigare, ma per peggiorare il più rapidamente possibile la situazione, e dissipare quanto rimane dei servizi ecosistemici.  Per fare un esempio, l’Amministrazione Regionale Toscana ha fatto una solenne dichiarazione di Emergenza Climatica, mentre sta alacremente smantellando le aree protette, vuole ampliare l’aeroporto di Firenze, costruire una nuova autostrada, sviluppare l’industria del legname e delle cave, e molto altro ancora. Più generalmente, è nocivo rispetto alla possibilità di preservare i servizi ecosistemici ogni sindaco che abbatta alberature invece di piantarne, che permetta di estendere la superficie urbanizzata invece di ridurla e via di seguito. Dunque, se vogliamo evitare che una “Dichiarazione di Emergenza climatica” si risolva in una operazione di “greenwashing”, bisogna essere pronti a fare richieste precise agli amministratori e a metterli pubblicamente alla berlina se non le ottemperano.

 


Giacomo Orsi

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