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Prospettive

 

L’azienda speciale è l’unico modello di gestione realmente innovativo in quanto in grado di garantire democraticità e partecipazione, efficacia, efficienza, servizio industriale rispettoso dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.

ROBERTO MELONE

 

Infatti, l’azienda speciale come recita l’art. 114 del Testo unico degli Enti Locali, è “ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale”. Grazie alla personalità giuridica è, pertanto, un ente di diritto pubblico, diverso dal comune o dalla provincia da cui dipende funzionalmente e ciò la differenzia fortemente dalle precedenti aziende “municipalizzate”. Inoltre, ha il compito di procedere autonomamente al perseguimento dei fini posti dell’ente locale.

L’azienda speciale rientra nella categoria degli enti pubblici economici (Cass. Sez. un. 15 dicembre 1997, n. 12654) cioè degli enti di diritto pubblico la cui attività, pur se strumentale rispetto al perseguimento di un pubblico interesse, ha per oggetto l’esercizio di un’impresa ed è uniformata a regole di economicità perché ha l’obiettivo del pareggio di bilancio. L’acquisizione della personalità giuridica comporta la sua assoggettabilità alla disciplina di diritto privato per quanto attiene ai rapporti di lavoro dei dipendenti. Ciò, di per sé, non è uno svantaggio ma significa che i contratti collettivi di lavoro non sono necessariamente quelli del settore pubblico, ma quelli stabiliti dalle parti in riferimento al settore merceologico di appartenenza (contratto gas-acqua per i settori del gas e dell’acqua, autoferrotramvieri per il trasporto pubblico locale, igiene ambientale per la gestione dei rifiuti ecc.). Ciò è confermato da quanto avvenuto nella trasformazione di ARIN S.p.A. in ABC Napoli dove i lavoratori hanno effettuato il trasferimento senza che siano stati mai messi in discussione i livelli occupazionali e i lavoratori hanno deciso di mantenere il contratto gas-acqua.

IN PRIMO PIANO GLI INTERESSI DELLA COLLETTIVITÀ

E’ necessario d’altro canto evidenziare anche l’altro elemento fondamentale che connota l’istituto in questione, cioè il rilevato carattere “strumentale dell’ente locale”. Al carattere strumentale si ricollega l’esigenza che le attività poste in essere siano finalizzate al conseguimento degli stessi scopi che l’ente locale si prefigge, cioè il soddisfacimento degli interessi della collettività locale e lo sviluppo della stessa.

L’attribuzione della personalità giuridica non ha mutato la natura pubblicistica dell’ente, ma l’ha solo configurata come un nuovo centro di imputazione di situazioni e rapporti giuridici, distinto dal Comune, con una propria autonomia decisionale, e ha reso possibile, per l’esercizio di un’attività che ha rilievo industriale, l’effettuazione di scelte di tipo imprenditoriale, cioè l’organizzazione dei fattori della produzione secondo i modelli propri di un’impresa (compatibilmente peraltro con i fini sociali dell’Ente titolare) per il conseguimento dell’efficacia, dell’efficienza e di economicità del servizio pubblico. Guardando alla gestione del servizio idrico, e quindi ad un territorio composto solitamente da una pluralità di Comuni presenti nell’ATO, appare del tutto evidente che, in questi casi, l’assetto dell’Azienda speciale sia di tipo consortile. Per l’Azienda speciale consortile, quindi, valgono tutti i ragionamenti sviluppati prima; inoltre essa, rispetto alla ordinaria azienda speciale, si caratterizza per la presenza di un organo in più: l’assemblea consortile. Mentre l’azienda speciale è amministrata e gestita soltanto dal Consiglio di Amministrazione (per forza di cose ristretto e di modeste dimensioni), nell’assemblea consortile sono rappresentati tutti gli enti consorziati attraverso i sindaci o assessori delegati.

ACQUA, COME DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA

D’altra parte, per il movimento per l’acqua, la gestione pubblica non è mai stata semplicemente confinata ad un’idea, pur essenziale, relativa alla natura giuridica di diritto pubblico del soggetto gestore, ma è sempre stata connotata dal procedere e dallo sviluppo della partecipazione dei cittadini e dei lavoratori in essa. Detto in altri termini il processo di ripubblicizzazione è fortemente connesso all’idea di democrazia partecipativa. Democrazia partecipativa è per noi il superamento della mera delega alle istituzioni ed implica una partecipazione popolare diretta da parte di tutte/i le/gli abitanti e le/i lavoratrici/tori; alla pianificazione ed alla gestione del servizio idrico integrato in cui le/gli abitanti e le/i lavoratrici/tori si approprino dei dati e delle informazioni e abbiano il diritto e la sovranità di decidere.

Inoltre, va evidenziato come la crisi idrica ha fatto emergere le responsabilità e il fallimento di un sistema di gestione caratterizzato da una decennale mancanza di pianificazione e investimenti infrastrutturali perché piegato ad una logica monopolistica e privatistica che punta esclusivamente alla massimizzazione del profitto. Inoltre si è evidenziato come tale sistema sia andato a sovrapporsi al fenomeno del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici impattando negativamente sulla disponibilità dell’acqua per uso umano, sull’agricoltura e più in generale sull’ambiente.

Solo fuoriuscendo da questo sistema sarà possibile avviare una reale restrutturazione delle reti volta a ridurre le perdite, potenziare la depurazione e il trattamento delle acque reflue garantendo così la restituzione all’ambiente di un’acqua di buona qualità.

UN NUOVO MODELLO PER LA GESTIONE PUBBLICA

Ribadiamo, quindi, che oggi più di ieri è necessaria un’inversione di tendenza la quale può essere realizzata esclusivamente attraverso la costruzione di un nuovo modello di gestione pubblica, partecipativa e un nuovo sistema di finanziamento del servizio idrico, proprio come viene definito nella legge di cui riportiamo di seguito le finalità essenziali:

  • Sancire il riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano universale da garantire ad ogni cittadino stabilendo una quantità minima garantita a carico della fiscalità generale.
  • Tutelare il patrimonio idrico come bene comune pubblico inalienabile, a tutela delle future generazioni, e gestito al di fuori delle regole del mercato e sotto la competenza di un unico organo politico (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare).
  • Salvaguardare le risorse idriche come bene comune pubblico indispensabile per tutte le specie viventi e l’ecosistema.
  • Introdurre piani di gestione e tutela delle acque finalizzati ad un governo delle relazioni tra acqua, agricoltura/cibo, salute ed energia.
  • Istituire forme/metodi di informazione e consultazione preventiva dei cittadini ma soprattutto di partecipazione attiva rispetto alle decisioni.
  • Classificare il servizio idrico, inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, come servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica e senza scopo di lucro.
  • Definire che la gestione del servizio idrico integrato può essere affidato esclusivamente ad enti di diritto pubblico.
  • Adottare i bacini idrografici come unità di pianificazione territoriali dell’acqua come bene comune.
  • Introdurre criteri per il finanziamento del diritto all’acqua ed attraverso la tariffa l’accesso ad un uso responsabile delle risorse idriche e definire le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la fiscalità generale, specifica, finanza pubblica e la tariffa.
  • Identificare alcune fonti di finanziamento a sostegno dei processi di ripublicizzazione.
  • Adottare strumenti di finanziamento finalizzati a garantire l’accesso all’acqua nelle aree più povere del pianeta attraverso progetti di cooperazione e solidarietà internazionale.

 

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