L’illusione della Bellezza
La bellezza esiste e dobbiamo farcene una illusione.
Il significato della bellezza è soggettivo, quasi intimamente onirico e, proprio come i sogni, difficilmente esprimibile.
ESTER MANITTO
Ed è un bene che sia così in un mondo dove tutto vorrebbe essere definito e definibile. Di bellezza sarebbe meglio non parlare perché forse, in vero, di bellezza non si può parlare.
Eppure esiste un’esigenza che sorge col tempo, una specie di urgenza, che ci spinge a pensare alla bellezza, di bellezza parlare e nella bellezza confidare.
I bambini sono essi stessi bellezza, non hanno bisogno di cercare parole per manifestare la loro essenza, i bambini percepiscono la bellezza e di essa dovrebbero essere circondati.
Questa condizione di connessione alla bellezza, questa virtù, si affievolisce, si offusca crescendo, diventando adulti.
Forse è per ciò che, a mano a mano che percorriamo il sentiero della maturità andiamo alla ricerca del dono smarrito e via via ad essa ricorriamo con razionalità e intuito come a un rimedio, volgiamo lo sguardo a quella “goccia di splendore” che è come un nord magnetico non solo utile ad orientarci, ma indispensabile nel fornirci la sostanza per alimentare lo stato d’animo che ci dona una tregua, una serenità, un poco di pace per poter riprendere il cammino.
C’è chi insegue la bellezza, chi a tratti la sfiora e chi la ripropone, la natura è sempre la matrice, la scintilla, il riferimento supremo.
Senza natura non c’è presupposto alla bellezza, essa è intrinseca in ogni forma, di ogni insieme e in ogni dettaglio.
Noi ne siamo parte malgrado tutto, noi umani depositari del verbo, della parola siamo i soli a nominarla con la voce,
forse perché ne abbiamo bisogno come l’ossigeno, ma nel nostro errore siamo anche coloro che distruggono la bellezza e neppure poniamo rimedio con l’esperienza dello sbaglio.
In natura sono bellezza l’armonia, l’equilibrio, il colore, la proporzione, la funzione, la forma e la geometria è la struttura che abbiamo invocato per decodificare, è il paradigma celato.
Al coro che canta l’eco alla bellezza si uniscono artisti che non dipingono, non scolpiscono, non costruiscono, ma artisti che invece di esporre dispongono elementi della natura con l’ausilio della geometria, come una composizione assemblano per colore, per sfumatura, per forma, per genere, a volte intervengono solo per tagliare tronchi di legno per poi assemblare cataste dalle forme incredibili che sfidano la gravità e la fantasia.
Sono opere effimere che si collocano nella così detta Land art destinate a tornare alla natura senza lasciare traccia, l’essere umano è solo artefice della scelta è dell’assemblaggio, l’essere umano diventa in quelle disposizioni la mano guidata che
si muove per mano di altro.
Sono proposte che invitano, suggeriscono bellezza senza pretendere clamore, senza rigidità, provocano senza imporsi, sono un vagito di bellezza, un corpo instabile da accordare alle vibrazioni del vento.
Questi sono artisti che hanno deciso di mettersi in relazione con la natura in un dialogo silenzioso fatto di gesti e di tempo. Ad osservare tanta bellezza si prova uno stupore affine quello dell’infanzia, le opere d’arte effimera ci conducono nel tempo quando toccavamo i sassi, le foglie, i rami, la sabbia, i semi, il muschio, i vetri levigati dalle onde del mare, il mondo del piccolo cosmo che ci mettevamo in tasca senza sapere neppure perché.
In quelle armonie fatte di elementi della natura si intuisce la materia e l’opera umana perfettamente rappresentati, i sassi una volta svanita la composizione resteranno sassi mentre dell’opera dell’uomo non resterà traccia.
Il perfetto contrario della frase “L’arte è bella perché dura” in questo caso diventa la bellezza in quanto tale svanisce, come l’infanzia e come i sogni, ma non per questo possiamo e dobbiamo cessare di sognare.
Le immagini di questo articolo sono dell’artista Jon Foreman che trova conforto nell’organizzare le pietre in formazioni piacevoli per gli occhi sulla spiaggia. La sua pratica, che chiama Sculpt the World, mette in mostra rocce modellate a motivi vorticosi e cerchi giganti che contengono una serie di tonalità arcobaleno. “Questo processo è una terapia per me”, Foreman dice a My Modern Met. “Il semplice atto di posizionare pietra su pietra nella sabbia è molto terapeutico. Sono sicuro che ci godremo tutti una passeggiata sulla spiaggia ma con questo processo lo trovo più coinvolgente; essere lì in natura, perdermi nel lavoro, essermi lasciato alle spalle tutti gli stress della vita quotidiana”.
Per saperne di più
Land Artist Surprises Beach Goers By Leaving Striking Stone Arrangements Along the Coast
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